La forza delle immagini e il poco tempo a disposizione di chi sceglie di viaggiare in Himalaya, spesso limitano la capacità di comprendere il valore simbolico della più grande catena montuosa del Pianeta. In realtà, per gran parte gli abitanti delle montagne asiatiche, la concezione dell’ambiente naturale va al di là delle apparenze. Le foreste, le montagne, l’incrocio dei sentieri o ancora i pascoli in quota custodiscono una realtà segreta, l’aranya, ovvero la “selva” in cui vivono spiriti, fate, demoni e aspiranti déi.
Per cogliere la valenza simbolica dell’Himalaya basta dare uno sguardo ai testi antichi. Da migliaia d’anni, per le tradizioni panindiane (hinduismo, buddhismo e jainismo) l’universo è raffigurato come un enorme fiore di loto a quattro petali al cui centro c’è la Catena himalayana, vero cuore pulsante dai cui ghiacciai hanno origine i più grandi fiumi asiatici. Qui si trova il mondo umano, noto come āryavarta e si ritiene sia abitato dagli avi. È questo il subcontinente indiano, considerato la propaggine estrema di un più vasto continente detto Jambudvīpa, “albero di melarosa” collocato a sud del monte Meru e identificato nel Kāilash tibetano.
È questo il centro dell’universo, dove cielo, terra e inferi si incontrano, l’axis mundi che tutto sorregge. Il Meru è l’imponente «montagna d’oro», misura in altezza 84.000 yojana – unità di misura di epoca vedica per cui ciascun yojana equivale a 1,6 chilometri – e 16.000 yojana in profondità. Il Meru si presenta come una montagna rovesciata, da cui l’epiteto di «Calice del seme di loto»: alla base la sua larghezza raggiunge i 16.000 yojana, mentre la vetta è di 32.000 yojana. Il Meru ha base quadrangolare da cui i quattro punti cardinali che organizzano l’intero universo. Sopra questa montagna brilla la stella polare, attorno alla quale ruotano tutti gli astri. Sull’altopiano della vetta del Meru si trova la dimora terrena del manifestatore Brahma, attorniato dalle otto divinità guardiane delle otto direzioni cardinali. Alla base si estende invece una massa continentale, il cosiddetto Ilāvṛta-varśa, dalla quale come un loto schiuso si dipartono diversi subcontinenti circondati da un enorme oceano salato.
Con tutti i distinguo del caso, l’Himalaya è ancora oggi considerato il centro di tutto. «Conoscere l’Himalaya significa conoscere l’Asia», affermava un ventiquattrenne giornalista dell’Hindustan Times, incontrato in un villaggio del Kinnaur, distretto tribale dello stato indiano dell’Himachal Pradesh. Era arrivato sin qui da New Delhi, per «dare uno sguardo» alle grandi dighe in costruzione nella valle del Sutlej, fiume le cui sorgente sono situate nel vicino Tibet, alle pendici proprio del sacro Kāilash.
Sin dalle origini, ovvero da quando l’uomo ha iniziato a vivere in Himalaya, l’esistenza nel fitto di queste alte vette è scorsa seguendo una complessa rete di vie carovaniere che collegavano la Piana gangetica all’altopiano tibetano. Come elementi di un sistema linfatico, questi percorsi hanno donato vitalità alla regione himalayana e definito il suo patrimonio culturale: mentre in Tibet si portava il bestiame carico di grano e cereali, in Nepal, India e Bhutan giungevano sale e lana. Gli scambi economici avvenivano principalmente attraverso il baratto, una forma elementare di commercio che in questo contesto dava maggiore peso ai rapporti umani, alla valorizzazione di ciò che “viene da lontano”, all’apertura verso l’altro.
Un numero incalcolabile di asini, di cavalli e di yak ha trasportato merci, uomini e santi. Nell’India antica infatti, monaci e mercanti viaggiavano assieme, lungo rotte comuni. Questo ha incentivato la compenetrazione di tradizioni filosofiche e di culti religiosi diversi: fu così che il buddhismo raggiunse il Tibet, prestandosi alle intrusioni delle tradizioni autoctone incontrate durante questa lenta migrazione. Un processo di osmosi e sincretismo culturale del tutto naturale. Sarebbe impensabile aspettarsi che una qualsiasi forma di sapere, sia essa artistica, filosofica o religiosa, possa viaggiare nel tempo e nello spazio senza assimilare i tratti salienti delle culture che la ospitano. In questo modo, con l’andare del tempo l’Himalaya ha acquisito un ruolo preponderante nella cultura asiatica, divenendo appunto il centro dell’Universo.
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