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Nuova legge in Nepal: proibite le solitarie all’Everest e cime himalayane vietate ai disabili

Dic 30, 2017

Emanuele Confortin

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Il governo nepalese ha deciso, scalare l’Everest sarà più difficile. No, non è una questione di valutazione tecnica della scalata, ma una pegola burocratica. Lunedì scorso la commissione del ministero del Turismo ha rivisto il Mountaineering Expedition Regulation incluso nel Tourism Act. Si tratta dell’insieme di leggi che regolano l’accesso alle cime nepalesi, a partire dall’Everest, che come scrivevamo di recente risulta la vetta più ambita e discussa dell’Himalaya, ormai pesantemente sovraffollata. Le nuove disposizioni vietano di fatto le ascensioni solitarie, negano l’autorizzazione alle scalate per i minori di 16 anni e l’accesso alle vette nepalesi per gli alpinisti con disabilità fisiche. Ma andiamo con ordine.

La prima modifica – che apprendiamo da The Himalayan Times – riguarda gli scalatori stranieri intenzionati a raggiungere una qualsiasi cima, non solo l’Everest, per i quali sarà indispensabile essere accompagnati da una guida. Significa avere almeno un operatore certificato, il cosiddetto Sardar, il capo delle guide e dello staff associato alle spedizioni in Himalaya. Niente più solitarie dunque. Immaginate se il regolamento fosse stato in vigore già nel 1980, quando Reinhold Messner salì sul tetto del mondo compiendo la prima solitaria.

Scelta, quella di imporre una guida agli scalatori impegnati sulle cime nepalesi, che rischia di cancellare un intero filone dell’alpinismo, quello solitario appunto, divenendo una pietra angolare nell’evoluzione di una pratica da sempre ritenuta espressione di libertà. Ora, il fatto che il Segretario del ministero del Turismo Maheswor Neupane abbia trasmesso la notizia senza dare ulteriori dettagli sulle modalità di attuazione, induce a immaginare una certa flessibilità. È verosimile pensare che il Sardar non dovrà necessariamente scalare in cordata con il proprio cliente. Probabilmente avrà un ruolo di coordinamento, fungerà da garante, anche se questo snaturerebbe comunque la “purezza” dell’ascensione per chi ambisce all’isolamento totale nella salita, incluse le fasi organizzative al campo base.

Il motivo della scelta, così come ha dichiarato Neupane, è garantire livelli di sicurezza adeguati e ridurre il numero delle vittime, ma di fatto la nuova legge suggerisce un’apertura di Kathmandu verso le spedizioni commerciali. Quelle più numerose, spesso composte da alpinisti meno preparati ma comunque dotati dei requisiti minimi, ovvero soldi e motivazione. Garanzia dunque di un maggior circolo di quattrini e di impiego per cuochi, portatori e guide nepalesi. Poco sembra importare se sulla montagna simbolo del Paese ci siano ormai colonne di persone in fila, dirette verso il punto più alto della Terra. Imporre il divieto alle ascensioni solitarie non sembra quindi una soluzione alle morti, anche perché, salvo non si tratti di un folle, chi scala da solo da quelle parti sa quello che fa, e in genere sceglie una tecnica di salita veloce e leggera. Tutt’altra storia per i gruppi numerosi, senz’altro più impattanti e causa delle pericolose colonne che ormai si associano alla cima più alta del Pianeta.

Viste le polemiche uscite di recente in merito al sovraffollamento sull’Everest, e al fatto che ci sono più guide e portatori che alpinisti ad arrivare in vetta, il ministero del Turismo è intervenuto anche in tal senso. Da adesso anche gli accompagnatori – guide, portatori o cuochi che siano – associati a una qualsiasi spedizione sull’Everest, dovranno ottenere il permesso di vetta prima di partire per la scalata. Almeno nelle intenzioni, questo dovrebbe aumentare i controlli sul viavai che dall’Icefall doppia l’Hillary Step, o quanto ne rimane, fino in vetta.

Ma non basta ancora. Oltre a bandire l’Himalaya nepalese all’alpinismo giovanile – vietato agli under 16 – sempre per questioni di sicurezza, Kathmandu ha disposto il divieto di scalata al tetto del mondo per le persone non vedenti e per chi ha riportato amputazioni da congelamento ad entrambi i piedi. La forma fisica di un pretendente alla cima dovrà essere comprovata da un certificato medico, da presentare all’atto della richiesta del permesso, pena l’annullamento dell’autorizzazione a scalare. Quindi, anche in questo caso, difficilmente rivedremo un altro Mark Inglis raggiungere la vetta dell’Everest pur avendo entrambi i piedi amputati per congelamento da una precedente spedizione. Lui ci riuscì nel 2006, mentre cinque anni prima un non vedente americano di nome Erik Weihenmayer era riuscito nella stessa impresa, seppure l’handicap fosse un altro.

Bandire l’Everest e le Terre Alte nepalesi ai disabili ha inevitabilmente attirato aspre critiche da tutto il mondo. La più aspra è stata quella del nepalese Hari Budha Magar, un ex soldato Gurkha per l’esercito britannico, che a seguito di un’azione di guerra ha riportato amputazioni su entrambe le gambe. Secondo The Himalayan Times, Magar – che ha già scalato il Mera peak – stava preparando da tempo il suo tentativo alla vetta dell’Everest, previsto per l’estate 2018.

Le bufere sull’Everest si susseguono senza sosta, e non solo i blizzard. A quanto pare, per vedere il Tetto del Mondo nella sua veste più pura bisogna andarci in inverno. Ne è convinto l’alpinista spagnolo Alex Txikon, da poco giunto al campo base per tentare la prima scalata invernale della montagna senza bombole di ossigeno assieme a Muhammad Ali Sadpara… Questo a patto che a Kathmandu non si torni a votare, magari vietando la salita in questo stile.

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