Il coraggio di andare avanti, seppure con le significative difficoltà dovuta alla pandemia di Covid-19. Volevamo attendere qualche giorno prima di scrivere il primo nostro reportage dal Trento Film Festival (TFF), giunto alla 68esima edizione. Giorni per capire se l’idea di un evento “diffuso” in 20 località del Trentino-Alto Adige potesse funzionare. Giorni per comprendere se i fruitori classici del TFF avrebbero ben recepito la possibilità di guardare tutti i film da remoto, invece che in sala cinematografica. Giorni per tastare l’umore del capoluogo trentino, abituato ad accogliere il “suo” festival con affetto. Il risultato di questi primi giorni è fatto da tante luci e qualche ombra, dovuta più al coordinamento dell’amministrazione locale che altro. Già ora, prima della conclusione, si può dire che si tratta di un esperimento che può diventare una costante.
Oltre la pandemia, oltre le mode. Il Trento Film Festival è ripartito con slancio, forse meno percepito in città visti i numerosi eventi collaterali, da Riva del Garda al Bondone alle valli più turistiche della Provincia autonoma di Trento, ovvero Fiemme, Fassa, Giudicarie, Non e Sole. Non era semplice. Specie perché, come avevamo scritto a inizio della stagione estiva, è successo quanto si temeva. Vale a dire, un vero e proprio assalto alle Terre alte. Ogni giorno, o quasi, il giornale online più seguito a Trento e dintorni, Il Dolomiti, aveva testimonianze di incidenti in montagna, spesso dovuti a inesperienza o over-confidence, due temi su cui abbiamo scritto molto e, purtroppo, scriveremo ancora. Accanto agli incidenti, però, c’è stata l’incuria, la mancanza di rispetto del turismo che possiamo definire “di ritorno”. E cioè, chi è tornato a vivere la montagna un po’ per via della peggiore recessione economica dal Secondo dopoguerra a oggi, che ha distrutto il reddito e ha eroso la ricchezza, e un po’ per via del pericolo di limitazioni alla libertà personale (leggasi, quarantena) dopo aver soggiornato in nazioni che nell’ultimo mese hanno vissuto una seconda ondata di contagi, come Spagna, Francia, Malta e Croazia. Ma l’estate 2020 è stata anche caratterizzata da un altro genere di turismo “di ritorno”. Quello provocato dai social media, Facebook e Instagram su tutti. Le code al Seceda, a Braies, al Sorapis, ma anche verso i rifugi più “accessibili” sono state immortalate da ogni singola testata nazionale e internazionale. Chi viveva la villeggiatura in ambienti montani venti o trenta anni fa, complice l’emergenza pandemica, è tornato nei luoghi dell’infanzia e dell’adolescenza. Senza però aver la stessa innocenza che aveva da giovane. Di conseguenza, via libera alla cafonaggine sui sentieri, ai telefonini onnipresenti e alla mancanza di rispetto per chi la montagna la vive. Temi trattati anche durante il primo grande incontro del festival, con il presidente del CAI Vincenzo Torti, Mauro Corona e Luca Mercalli. Iconico, ed esemplificativo, il titolo, “Montanità”. Peccato che la montagna non sia mai stata mondana, ma lo sia diventata solo nell’ultimo secolo, con un netto peggioramento negli ultimi cinque anni, anche soprattutto per via dei social network.
Il Trento Film Festival, in uno scenario del genere, diviso tra una precaria situazione sanitaria a livello internazionale e una sempre maggiore mancanza di valori riguardo gli ambienti naturali e montani, sta riuscendo nella difficile sfida di sensibilizzare su cosa sta avvenendo a livello globale. Ovvero, che bisogna smettere di parlare di cambiamento climatico, ma bisogna iniziare a scrivere e narrare di “emergenza climatica”. Ed è ironico, in modo amaro, che durante il weekend iniziale del TFF la regione sia stata oggetto di piogge tanto intense e violente che le autorità hanno deciso di chiudere l’autostrada del Brennero e fermare la circolazione del treni. L’emergenza climatica è uno dei temi più battuti del TFF, come dimostrano i film presentati, e come rammenta la locandina firmata da Albino Rossi, prolifico artista della Val di Sole, che ha voluto ricordare la tragica tempesta Vaia, ancora ricordata con paura dai trentini.
E poi i film. Da quest’anno possono essere visionati sulla piattaforma online del TFF. Una sorta di Netflix dalla cinematografia di montagna. Idea bella, interfaccia affidabile e stabile per lo streaming, titoli all’avanguardia rispetto ad altri festival ben più blasonati. Un successo, specie per le nuove generazioni, ben più abituate dei Baby Boomers a guardare video, serie tv e film sui dispositivi mobili. E, possiamo aggiungere sotto il profilo della professione giornalistica, molto più comodo anche per gli addetti ai lavori. Perché se negli anni passati bisognava barcamenarsi tra eventi, interviste e momenti di relazioni pubbliche che spesso rendevano il TFF più simile a un tappone dolomitico del Giro d’Italia, oggi si può selezionare la pellicola desiderata e guardarla con calma. Molto più produttivo e attento alle esigenze di chi scrive per mestiere.
Fino a qui le note positive. Ma ci sono anche situazioni migliorabili, specie sul fronte dei protocolli di sicurezza, i quali non ricadono tuttavia sul comitato organizzatore, quanto sull’amministrazione locale. È vero che i cinema di Trento hanno riaperto in prossimità del TFF, così come nel resto d’Italia, ma qualche sforzo per evitare situazioni di rischio, alla luce della recrudescenza di contagi da Sars-Cov-2, è possibile. Un esempio di ciò lo abbiamo osservato durante le proiezioni al cinema Vittoria di Via Manci, di fronte alla Società degli Alpinisti Tridentini (SAT). All’entrata obbligo di mascherina e pulizia delle mani con gel a base alcolica, ma nessun controllo della temperatura corporea, come invece avviene in altri luoghi, come nella non poco distante Piazza Battisti, ove l’accesso alla platea (all’aperto) è subordinato al termoscanner. Dentro la sala cinematografica, poi, nessuna segnalazione dei posti da evitare per mantenere il distanziamento sociale. E, una volta entrati, nessun obbligo di vestire la mascherina. Un vero e proprio controsenso, specie considerato che il Sars-Cov-2 può trasmettersi via aerosol. E ancora, cosa ne sarà del tracciamento degli eventuali positivi asintomatici presenti alle proiezioni? Per ospiti, sponsor, staff e membri della stampa è facile gestirli, in quanto gli esercenti hanno dati e contatti, ma per gli altri, che hanno acquistato il biglietto il giorno stesso? Va da sé che qualora ci fosse uno dei registrati, come nel nostro caso, che poi presenta sintomi da Covid-19, questo sarà sottoposto a tampone e gli altri registrati dovranno essere quarantenati e oggetto della stessa procedura. Sarebbe bastato poco per evitare una situazione potenzialmente non solo dannosa a livello sanitario, ma anche a livello economico.
Nonostante qualche incertezza sul coordinamento tra TFF e amministrazione locale, sul fronte sicurezza, si può affermare con certezza che l’esperienza è il più possibile vicino a quella di un festival “normale”. Specie considerata la notevole qualità dei prodotti cinematografici presenti, sui quali torneremo nel dettaglio. Se questa doveva essere la prova del nove per portare il TFF nell’età della digitalizzazione, l’obiettivo è stato raggiunto. Se doveva anche essere il nuovo inizio per sensibilizzare la cittadinanza verso un maggior rispetto verso gli ambienti montani, questo lo si potrà vedere solo tra un po’.
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