NOTA IMPORTANTE DEL (23 dicembre 2019). Di seguito il pezzo scritto e pubblicato il 18 dicembre, da leggere tenendo in considerazione questa nota preliminare. Viste le richieste di un gruppo di fruitori affezionati, si è deciso di rispettare la richiesta di lasciare il sito San Floriano come falesia per arrampicata tradizionale (scarpette e magnesio) senza integrare, nemmeno in parte, il dry tooling. Questo malgrado la falesia fosse stata pensata al momento della chiodatura nel 2000, come luogo in cui praticare anche uso di piccozze e ramponi, e malgrado la falesia, per sua stessa natura (ex cava con evidenti segni di scavo, taglio e lavoro) non avrebbe subito trasformazioni radicali nel caso di “graffi” con ramponi e piccozze. Questo anche malgrado chi ha originariamente messo tempo, impegno e materiali (alias, danaro incluso) per attrezzare i tiri, abbia espresso la volontà di destinare parte del sito anche all’arrampicata dry (dicembre 2019). Nessuno ha realmente provato a valutare la possibilità di destinare alcuni tiri o una parte della falesia ad attività dry o a entrambe le discipline, cosa che sarebbe stata possibile viste le particolari condizioni di cui sopra (cava già segnata) perdendo così un’occasione per ampliare le possibilità di utilizzo che si presta per un esperimento di “convivenza”. Il progetto dry sarà spostato altrove, sempre in zona Monte grappa, in sito da creare appositamente, anche se le caratteristiche proprie della falesia di San Floriano (possibilità di avvicinare neofiti al dry e di condurre corsi in sicurezza) non sono facilmente replicabili. L’invito è comunque rivolto ai fruitori che hanno affermato di frequentare con passione e continuità il sito, di mettere in sicurezza gli spazi, ripulendo l’area e soprattutto provvedendo alle bonifiche periodiche della parte superiore del sito, da dove cadono sassi come inevitabile. Interventi mai eseguiti viste le condizioni delle soste e la presenza di centinaia di frammenti di pietra (alcuni grandi come arance) presenti alla base della parete, dove (scriveva qualcuno) vengono portati anche i bambini. Quindi niente dry tooling nella falesia San Floriano. Di seguito il pezzo, così come era stato pubblicato, mantenuto per volontà di Alpinismi come “archivio storico”, del resto anche questo tipo di confronti e scontri fanno da sempre parte dello sviluppo dell’andar per pareti, in montagna o in falesia. Ci auguriamo che questo chiarimento metta fine a polemiche proseguite ben oltre l’accettabile. Fine nota. …. Sì è vero, sono anni che legioni di ghiacciatori vanno a grattugiare crode alle falde del Monte Grappa o in Valsugana. Lo si fa di nascosto o quasi, cercando per quanto possibile l’umido e il friabile per non rovinare prese e appoggi scalabili con scarpette e magnesio, in attesa che in quota neve, acqua e gelo si uniscano mettendo al mondo qualche colata di ghiaccio. Sembra però che i movimenti sotterranei di “ghiacciatori a secco” siano finiti. In questi giorni infatti, è stata battezzata una nuova falesia dry in bella vista lungo i pendii del Monte Grappa. Anzi no, ad essere precisi si tratta di un cambio di destinazione d’uso, di un avvicendamento tra scalata “tradizionale” (che continuerà ad essere comunque praticata) e arrampicata in punta di picche e ramponi. Il luogo scelto per questo passaggio di testimone è una falesia tanto comoda – saranno felici i trevigiani e i vicentini – quanto dimenticata. Si tratta della parete di San Floriano, nota anche come Quinto Tornante (o per qualcuno “nanetti”), ricavata su una ex cava di pietra a 600 metri di quota, attrezzata da Giulio Abrate e Lorenzo Lessio, da anni attivi in zona Grappa e Valsugana, dove hanno chiodato centinaia di tiri, molti di alta difficoltà. Non è il caso di San Floriano, la cui parabola è stata garantita dalla posizione panoramica, dalla disponibilità di una trentina di tiri entry level (dal 5b al 7a), su placche verticali di rosso ammonitico, fruibili da aprile a ottobre evitando le giornate più calde, o i giorni dopo piogge intense. Non da ultimo, c’era la possibilità di arrivare così vicino in auto, da poter fare sicura direttamente dal sedile di guida. Tuttavia, siccome di pirla al mondo ce n’è sempre in abbondanza, a lungo andare l’ampio spiazzo antistante la falesia, attrezzato per il barbecue, è stato abusato a più riprese da fenomeni del picnic (non per forza arrampicatori). Visto che il detto “per colpa di qualcuno non si fa credito a nessuno” vale anche fuori dal bar, le autorità hanno deciso di bloccare l’accesso in auto con una sbarra all’inizio della forestale. (Sbarra priva di lucchetto, ma si sconsiglia vivamente di trasgredire e accedere in auto, chi scrive ha visto due ragazzi arrivare in auto e un’ora dopo sono arrivati pure i carabinieri: 200 euro di multa.) Ecco che la prospettiva di sostituire i 3 minuti di auto necessari a portarsi nell’ex cava, con 20 minuti a piedi, ha azzerato i festini nell’area barbecue, inibendo anche gli scalatori, che a quel punto hanno iniziato a frequentare altri “spot” nelle vicinanze, più comodi e allenanti. Con queste premesse, a novembre un gruppo di osservatori cresciuti in vista del Grappa è stato in sopralluogo a San Floriano, individuando tra le placche perennemente bagnate e ormai quasi abbandonate, una serie di fessure umide, erbose e con qualche scaglia mobile: il paradiso del dry tooling. Del resto, non è forse trevigiano il detto “co xe arso va ben anca a tempesta”? Per gli illetterati (sic) tradotto “quando c’è arsura, va bene anche la grandine”. Gli osservatori di cui sopra hanno testato alcune fessure, trovando in quelle salite tutto il senso del mondo. Hanno cercato di capire quali e quante linee fossero fattibili, poi, esaurite le dita di mani e piedi, anziché tornare con il pallottoliere e finire il conto, si sono rivolti direttamente a Giulio Abrate chiedendo il suo benestare – del resto il tempo, i materiali e le energie per portare alla luce quella falesia sono stati suoi e di Lorenzo Lessio, cui va eterna gratitudine – per un cambio di destinazione d’uso, o comunque un’estensione delle discipline praticabili nella falesia. La risposta è stata positiva, è stata compresa l’attualità del dry tooling, ormai non più “cosa da fanatici” ma un’attività divertente e soprattutto utile in vista di ingaggi in ambiente alpino. Così, finalmente “Monte Grappa goes dry”! Niente più salite nascoste come bracconieri, niente più zombie a grattare ramponi nottetempo su qualche parcheggio asfaltato. Nemmeno grondaie di casa sforacchiate da ghiacciatori alla ricerca di una “candelina” da scalare vicino a casa (e buona pace per i lattonieri). San Floriano è lì, sulla strada che da Romano d’Ezzelino sfiora l’imbocco della Valle di Santa Felicita e sale verso Campo Solagna. Arrivarci è facilissimo: raggiunto il fatidico quinto tornante si parcheggia negli spazi a bordo strada, poi si supera la sbarra e ci si incammina sulla forestale fino all’anfiteatro della falesia. Al momento non tutte le linee sono state provate in dry. Ci sono molte fessure ancora intonse, il che significa divertimento assicurato, ma anche la possibilità che si tolga qualcosa, pertanto servono attenzione e prudenza, se non altro fino a quando non sarà un po’ ripulito il tutto. A tale proposito, chi fosse interessato a violentare gli avambracci in quel di San Floriano, magari metta nello zaino qualche utensile utile a ripulire le fessure da erba e terriccio. Se poi qualcuno libera qualche tiro, magari suggerisca una valutazione, per ora le vie salite sono state gradate a suon di imprecazioni, scandite nel meno natalizio del vernacolare veneto.
ATTENZIONE: si suggerisce di portare la corda in catena (sempre da controllare) scalando nel modo più congeniale (scarpette e magnesite), e poi provare le fessure con la corda dall’alto. Vista la possibilità che salendo si stacchi qualche frammento di roccia, o che comunque una picca sfugga di mano, è saggio che l’assicuratore non se ne stia a piombo sotto il compagno in scalata. Non da ultimo, se da un lato l’assenza di strapiombi rende San Floriano accessibile a molti, va da sé che un volo da primi di cordata su placca verticale, con piccozze e ramponi, è poco raccomandabile. Quindi, chiamando in causa Nico Cereghini, “casco in testa ben allacciato, (luci accese anche di giorno), e prudenza. Sempre!“ Per il resto, buon dry e buone salite a tutti.
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